Low cost in fuga. Fermarle si può.

    di Giovanni Dore - Avvocato esperto di diritto comunitario 

    L’espressione “non fa” spesso ha reso palese quel velo di accidia del carattere di noi sardi. Ma lo strenuo impegno e la fierezza talora ne sono stati validi antidoti.

    La prossima fuga di Ryan Air dal nostro territorio costituisce l’epilogo di un processo al quale non si è voluto (o saputo) porre rimedio. E sprecare energie ad  imputarsi reciproche colpe, come avvenuto per la disastrosa cessazione del sistema della c.d. Continuità 2, rischia di portare l’isola alla paralisi sul fronte della mobilità e dello sviluppo

    Vale invece la pena di ricordare che – tra le intricate maglie dell’ordinamento comunitario – vi sono possibilità di ottenere risultati che vengono paventati come irraggiungibili.economico.

    Il primo solco è stato tracciato dalla Decisione dell’ottobre del 2014 (Frankfurt-Hann e più) nella quale, a seguito di nutrite indagini su otto aeroporti dell’UE, la Commissione ha stabilito che quasi tutti gli accordi commerciali conclusi tra i gestori aeroportuali e le compagnie low cost non costituivano aiuto di stato, in quanto rispondenti a comuni logiche dell’investitore privato (incentivi economici in cambio di maggiori profitti).

    In particolare sono stati dichiarati compatibili gli aiuti concessi dalla SO.GE.A.AL. a ben sei (su otto) compagnie aeree tra il 2000 ed il 2010 in quanto il traffico indotto da tali vettori avevano migliorato la situazione finanziaria dell’aeroporto di Alghero.

    Inoltre, se oggi ci ritroviamo con la materia regolata da una legge regionale (la n.10 del 2010) parametrata alle (non più in vigore) linee guida della Commissione del 2005, sarà sufficiente aggiornare detta legge sulla base dei nuovi Orientamenti emanati dalla Commissione già dall’aprile del 2014 (grosso modo il periodo nel quale il nuovo Consiglio Regionale si è insediato).

    Tra l’altro, scorrendo velocemente i “nuovi” Orientamenti comunitari, ci si accorge che le norme – più che una forte barriera – costituiscono un valido spunto per un nuovo corso di sviluppo del settore “low cost”. Ovviamente a condizione che non ci si dimentichi che gli aiuti vanno proposti sulla base del concetto di “regione remota”, quale è a tutti gli effetti la Sardegna; che premino l’introduzione di “nuove rotte” in luogo di quelle già attive (il che costituisce un grande opportunità per il turismo di ingresso ed in uscita) e che venga concordato un piano industriale con il vettore aereo della durata di sei anni (di cui tre incentivati e tre no).

    su L’UNIONE SARDA del 28.11.2015

     

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      3 thoughts on “Low cost in fuga. Fermarle si può.

      1. Fermo restando che la Sardegna dovrebbe dotarsi di sue proprie linee aeree e navali, di una metropolitana leggera che sostituisca le superstrade (131-131DC-130) con costi certamente inferiori, credo che sia necessario non far andar via Ryan Air ma anzi tentare un incremento delle rotte, attirando anche altri vettori low-cost, come fanno da sempre le Isole Baleari e altre isole.

        • In un mondo ideale la flotta sarda potrebbe essere un obiettivo realizzato, ma finora abbiamo dimostrato di essere impreparati e inadeguati sul punto (il disastro fatto con la Saremar lo dimostra). Proviamo a far funzionare bene strumenti più semplici come i bandi per la continuità e i sistemi per attrarre low cost, poi ne riparliamo.

          • Concordo con Giovanni. Pur apprezzando l’idea di Paolo penso che i tempi di realizzazione siano troppo lunghi e i sardi devono continuare a volare adesso!

      Rispondi a Simona Annulla risposta

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