Usi civici, la leggina in freezer Scontro giunta-ambientalisti.

    Dopo la bocciatura del governo l’ultima parola alla Consulta. La leggina sugli usi civici finisce nel freezer, le polemiche che l’hanno accompagnata no. 

    Tutto scontato: gli ecologisti hanno accolto con un coro di evviva il passo del governo che l’ha bocciata, impugnandola davanti alla Corte costituzionale. La Regione invece fa i conti col rigetto, accolto come «l’ennesimo schiaffo» da parte di Roma. Eppure il Consiglio regionale aveva votato quasi all’unanimità e in tempi rapidi il provvedimento. Pur avendo raccolto la firma di tutti i capigruppo, al momento del voto è uscito allo scoperto un drappello di scontenti in linea con le rimostranze delle associazioni ambientaliste. Compreso l’assessore all’Agricoltura Oscar Cherchi che consigliava più prudenza. Dissenso che ora rientra davanti allo stop romano. «Avevo già sollevato il problema durante i lavori in aula», spiega, «ma a questo punto farò di tutto, insieme alla Giunta, per rispettare la volontà del Consiglio egionale».

    LA LEGGE La Sardegna conta quasi il sette per cento (e oltre il doppio nella provincia di Nuoro) del suo territorio tutelato dai vincoli che proteggono il legnatico, la raccolta di funghi, il pascolo. Terre della comunità destinate da decenni (perfino da secoli) alla comunità. Il problema nasce in alcuni centri dove – pian piano – al posto dell’erba sono spuntate case e capannoni: a Nuoro (la zona industriale di Pratosardo), a Orosei dove terreni dei nuovi quartieri sono ancora destinati agli usi civici. Un ginepraio di divieti e contenziosi che si trascinano da tempo. «Così», spiega Pietro Pittalis, capogruppo del Pdl in Consiglio regionale, «abbiamo messo mano a questa legge, soprattutto per trovare una soluzione a un problema di non poco conto. Voglio fare chiarezza: non è una sanatoria». Su questa linea tutti i gruppi si sono trovati di comune accordo, compresa la decisione di una procedura d’urgenza. Cosa dice la norma contestata? In pratica entro dicembre i Comuni devono fare una verifica dei terreni sottoposti a uso civico e vedere se è possibile dirottare in altre zone i vincoli, liberando quelle aree che «hanno perso la destinazioneoriginaria», pascolo o legnatico. Declassificare è il termine tecnico che ha fatto storcere il naso a chi guarda con sospetto qualsiasi tentativo di modificare il sistema delle tutele anti – cemento.

    EDITTO Gli ambientalisti sono subito insorti. Dopo aver bollato la leggina come un «nuovo editto delle chiudende», hanno presentato una raffica di ricorsi, sperando in un intervento d’autorità del governo nazionale. Che è puntualmente avvenuto venerdì, giustificato dal fatto che la legge regionale viola le competenze statali, sentinella costituzionale quando sono in ballo questioni paesaggistiche e ambientali. L’esecutivo nazionale l’ha impugnata davanti alla Consulta che dovrà dire l’ultima parola sui rilievi mossi.

    ECOLOGISTI Per Stefano Deliperi, animatore del Gruppo di intervento giuridico, la scelta del governo, ha «evitato il sacco dei demani civici e la speculazione immobiliare sulle sponde delle zone umide in Sardegna». I terreni degli usi civici sono tutelati da vincoli molto stretti e da competenze statali che non si possono esautorare facilmente. «Una seria riforma», aggiunge Deliperi, «non si fa con queste modalità di rapina, in silenzio e in pochi minuti».

    IDV Stessa lunghezza d’onda per l’Idv: « La nuova leggina sugli usi civici, varata in tutta fretta nel mezzo della scorsa estate, costituiva la premessa per la “sdemanializzazione” da parte dei Comuni di migliaia di ettari che da secoli sono a disposizione della cittadinanza per gli usi più vari. Con il concreto rischio del via libera ad una speculazione immobiliari, senza precedenti». Così Giovanni Dore, capogruppo dipietrista nel Consiglio comunale di Cagliari preoccupato per il via libera alla leggina venuto anche dal centrosinistra. A dimostrazione, dice, che «il centrosinistra non ha ancora un programma sull’ambiente e sul futuro urbanistico dell’Isola».

    da L’UNIONE SARDA (Antonio Martis)

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