La campagna elettorale più triste del secolo, l’ “odiosa” melina dei deputati sardi e il gol mancato a porta vuota dai “sovranisti” #Europee2014.

    di Giovanni Dore

    Lo scorso mese di marzo suggerivo (leggi) ai principali attori della politica sarda di porre in campo tutti gli strumenti (allora) possibili per creare uno spazio per la Sardegna in Europa.

    Al netto del “finto-attivismo” dei più scaltri, i mediocri risultati sono tangibili nel panorama di una desolante campagna elettorale: spazi per manifesti quasi vuoti, qualche stiracchiata dichiarazione d’ordinanza sui quotidiani locali e il minimo sindacale di dibattito in sale semi-deserte, ci mostrano candidati rassegnati alla sconfitta e in cerca di visibilità personale.

    Certo gli esponenti dei partiti maggiori, che pure poco o nulla hanno mostrato di proporre in chiave “regional-europea”, qualche chanche di elezione l’hanno, ma la sensazione tangibile è che il grande vincitore di queste elezioni sarà l’astensionismo, appena mitigato dall’ennesima (e poco credibile) chiamata al voto utile tra Renziani e Grillini (che ha sostituito l’avversario storico forzista).

    Se da chi governa “a braccetto” da anni in Italia (e pure in Europa) poco c’era da aspettarsi poco in termini di proposta “in chiave sarda”, qualcosa di più si poteva pretendere, non tanto dagli euroscettici che spesso cavalcano “tristi” ricette anteguerra, quanto dagli esponenti della Lista Tsipras che pure avevo visto con interesse (leggi).

    Stupisce, infatti, che nonostante l’apertura di credito concessa dall’intero gruppo dei partiti e movimenti sovranisti (leggi), il cartello elettorale si sia limitato a raccogliere le tre sigle storiche della sinistra (sel, rifondazione e comunisti italiani), senza provare ad apparentarsi con i movimenti “identitario” al fine di fissare alcuni obiettivi minimi per l’integrazione della Sardegna in Europa.

    Ma se la chiusura dei partiti “italianisti” è stata dettata dal consueto modo di decidere (senza dibattito e in ambito romano), ben più grave è stata la rinuncia degli stessi “sovranisti” e “indipendentisti” a combattere, anche in solitudine, la propria battaglia.

    Tanto più in considerazione del fatto che una nutrita ed autorevole delegazione “identitaria”, di destra e di sinistra, che va da Mauro Pili a Paolo Zedda, passando per esponenti del Psd’az e di altri movimenti, ha proposto un (a mio parere, fondato) ricorso basato sulla incostituzionalità della legge elettorale che impone alle liste raccolta firme e sbarramento del 4% su base nazionale e consente solo ad alcune minoranze linguistiche (ma non ai sardi !) di eleggere un deputato non “locale”.

    Un peccato, proprio in ragione del fatto, che il Tribunale di Cagliari, con una ordinanza di alcuni giorni fa ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale per valutare la legittimità di tale normativa.

    Il che fa intendere che, ove i “sovranisti” avessero presentato una lista (anche senza i predetti “requisiti-capestro), non solo avrebbero potuto confidare in una “riammissione” coatta ed urgente (o, al più, all’esito del giudizio costituzionale) da parte del Tribunale, ma avrebbero avuto “vita facile” in campagna elettorale perché gli unici in grado di mandare il proprio rappresentante in Europa, senza passare … per Roma.

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